A partire dal giorno 1 luglio 2022, per tutti i professionisti che operano nel regime forfettario ci sarà l’obbligo di fatturazione elettronica.
Nello specifico tale richiesta è stata presentata dall’Italia al Consiglio dell’Unione Europea e da quest’ultima accolta e approvata, per essere poi formalizzata mediante la pubblicazione della Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 454/202.
Il fine ultimo di tale richiesta è la lotta contro la frode e l’evasione fiscale, nonché la semplificazione del rispetto dell’obbligo tributario e della riscossione delle imposte.
L’articolo 18, commi 2 e 3 del decreto legislativo n.36/2022, che rientra nelle misure per l’attuazione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), spiega quali sono le condizioni previste da quest’obbligo di legge.
Vediamole nel dettaglio.
Chi ha l’obbligo di fattura elettronica
Bisogna chiarire, prima di tutto, quali sono i soggetti che rientrano nel regime forfettario, ovvero nel regime agevolato in cui viene applicata la flat tax al 15%.
Sono contribuenti forfettari i piccoli imprenditori e i liberi professionisti con partita IVA che, a prescindere dal loro codice ATECO:
- percepiscono ricavi o compensi fino a un massimo di 65.000 euro annui
- hanno spese per lavoro accessorio (eventuali collaboratori o dipendenti) che non superano 20.000 lordi annuali.
Ad avere l’obbligo di fatturazione elettronica, a partire dal 1° luglio 2022, oltre ai professionisti che operano nel regime forfettario, sono anche i contribuenti in regime di vantaggio, o dei vecchi minimi, che applicano un’imposta sostitutiva del 5%.
Chi non deve emettere fattura elettronica dal 1° luglio 2022
Sono esclusi da tale obbligo, fino al 31 dicembre 2023, i contribuenti che hanno un ricavo che non supera 25.000 euro annui.
Ciò vuol dire che a partire dal 1° gennaio 2024, anche tali soggetti avranno l’obbligo di fatturazione elettronica.
Sono esonerati da tale obbligo per tutto l’anno 2022 anche i contribuenti che inviano i dati al Sistema Tessera Sanitaria e coloro che non sono tenuti all’invio dei dati al Sistema TS, relativamente a prestazioni sanitarie nei confronti di persone fisiche.
Come emettere una fattura elettronica
Tramite dispositivi elettronici (pc, tablet o smartphone), è possibile predisporre una fattura elettronica, attraverso l’utilizzo di software specifici oppure di applicazioni da scaricare sul telefono.
Bisogna quindi inserire i dati fiscali identificativi propri e del cliente, i dati relativi alla fattura (qualità e quantità di beni e servizi) specificando, se prevista, l’aliquota IVA e infine apporre la firma digitale.
Per essere considerate valide, le fatture elettroniche devono essere inviate tramite SDI (Sistema di Interscambio), in modo che quest’ultimo possa eseguire tutti i passaggi di controllo prima di trasmettere la fattura al destinatario.
Tali verifiche richiedono un tempo che va da qualche ora fino a un massimo di 5 giorni.
Attraverso un software specifico, è possibile gestire tutte le fatture in entrata e in uscita, in attesa di saldo e già pagate, da archiviare e così via.
Tramite il software è possibile conservare le fatture fino a 10 anni, senza avere alcun problema di spazio negli ormai desueti faldoni cartacei e dando la possibilità all’interessato di rintracciare facilmente le singole fatture: nella propria area riservata, con dei semplici click è possibile ricercare tutte le fatture emesse e ricevute da uno specifico cliente/partner/fornitore ed eseguire anche altre operazioni di amministrazione.
Nei primi 3 mesi di obbligo, ovvero fino alla fine di settembre 2022, c’è la possibilità di emettere la fattura anche fino a un mese di ritardo rispetto al momento in cui viene effettuata l’operazione; moratoria che però non ha più possibilità di essere applicata a partire dal 1° ottobre 2022.
Sanzioni
Una volta trascorso il periodo di tolleranza di 3 mesi dall’applicazione dell’obbligo di legge, la mancata emissione di fattura elettronica viene punita attraverso sanzioni amministrative specifiche.
Il loro ammontare può variare dai 250 ai 2000 euro, se l’irregolarità commessa non incide sul calcolo del reddito annuo.
Se invece si tratta di violazioni più consistenti, la sanzione prevede il pagamento di una somma che va dal 5% al 10% dei compensi ricevuti e non regolarizzati.